CITAZIONE
Avevo tutti i muscoli indolenziti, quando mi svegliai il mattino dopo. Trascinai i piedi fino al gabinetto, poi al catino per lavarmi. Mi sentivo un gran subbiglio nelle viscere; era come se fossi stata picchiata con un oggetto contundente, riflettei, e poi pensai quanto ciò fosse vicino alla verità. L'oggetto contundente in questione era in vista, mentre tornavo a letto, anche se ora sembrava relativamente innocuo. Il suo proprietario si svegliò, quando mi sedetti accanto a lui, e mi esaminò con uno sguardo che assomigliava molto al compiacimento maschile.
"Pare proprio che la cavalcata sia stata dura, Sassenach", disse, sfiorandomi leggermente un livido sull'interno coscia. "Ti ha lasciata un po' dolorante, no?"
Socchiusi gli occhi e tracciai con il dito il segno profondo di un morso sulla sua spalla.
"Anche tu hai l'aria un po' malconcia, ragazzo mio."
"Ah, be'", replicò con un forte accento scozzese, "se te ne vai a letto con una vipera, devi solo aspettartelo, di essere morso." Allungò il braccio e mi afferrò per la nuca, attirandomi a sé. "Vieni qua, vipera, mordimi ancora."
"Oh, no, per favore", lo implorai ritraendomi. "Non ce la faccio, sono tutta un dolore."
James Fraser non era tipo da accettare un no come risposta.
"Sarò molto delicato", mi blandì, attirandomi inesorabilmente sotto le coperte. E delicato lo fu davvero, come sanno esserlo gli uomini grandi, cullandomi come un uovo di quaglia, rendendomi omaggio con un'umile pazienza in cui riconobbi il desiderio di riparazione ... e una gentile insistenza che, lo sapevo, era il seguito della lezione che mi era stata così brutalmente impartita la notte precedente. Delicatezza sì, ma mai rinnegare ciò che era stato.
Rabbrividì tra le mie braccia alla fine, scosso da un tremito per lo sforzo di non muoversi, di non farmi male con i suoi colpi, lasciandosi sconvolgere senza opporre resistenza.
Dopo, ancora uniti, mi sfiorò i lividi già un po' scoloriti che le sue dita mi avevano lasciato sulle spalle, durante la discussione lungo la strada, il giorno prima.
"Mi dispiace per questi, mo duinne", disse baciandoli delicatamente uno a uno. "In quel momento ero furioso come mi capita di rado, ma questa non è una buona scusa. E' una vergogna far male a una donna, furia o non furia. Non lo farò mai più."
Risi, un po' ironica. "Mi chiedi scusa per questi? E che mi dici degli altri? Sono tutta un livido, dalla testa ai piedi!"
"Och?" Si scostò da me per guardarmi attentamente. "Be', per questi qui ti ho già chiesto scusa", mi toccò la spalla, "mentre questi altri", disse assestandomi una delicata pacca sul sedere, "te li sei meritati, perciò non ti dirò che mi dispiace, perché non mi dispiace affatto.
"Quanto questi, poi," soggiunse accarezzandomi la coscia, "non mi scuserò di certo, visto che mi hai già risposto con gli interessi." Si massaggiò la spalla, con una smorfia. "Mi hai fatto uscire il sangue in almeno due punti, Sassenach, e la schiena mi fa un male terribile."
"Be', se ti porti a letto una vipera ... ", osservai con un ghigno. "Non puoi certo aspettarti delle scuse." Scoppiò a ridere e mi fece sedere sopra di sé.
"Non ti ho chiesto di scusarti. Se ricordo bene, quel che ho detto era: 'mordimi ancora'."